Profilo di S.S. il Dalai Lama

On. Giovanna Melandri - S.S. il Dalai Lama - Sonia Deotto

(Foto - Fabrizio Lava)

20/10/1999

Opening alla Rotonda della Besana

 

Sua Santità, il XV Dalai Lama Tentzin Gyatso è il capo di stato e il leader spirituale del popolo tibetano. Nato con il nome di Lhamo Dhondrub il 6 luglio 1935, da una famiglia contadina, in un piccolo villaggio chiamato Takster nel nordest del Tibet, Sua Santità è stato riconosciuto all'età di due anni, secondo la tradizione tibetana, come la reincarnazione del suo predecessore il XIII Dalia Lama, cioè come l’incarnazione di Avalokitesvara, il Buddha della Compassione.

I Dalai Lama sono la manifestazione del Boddhisattva (Buddha) della Compassione, in quale sceglie di reincarnarsi al servizio degli esseri senzienti.

Lhamo Dhondrub assunse, in quanto Dalai Lama, il nome di Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tentzin Gyatso, il Signore Santo, la Gloria Gentile, il Compassionevole, il Difensore delle Fede, l’Oceano di Saggezza.

I tibetani, normalmente, si rivolgono a sua Santità come Yeshe Norbu, la Gemma che esaudisce tutti i desideri, o semplicemente, Kundun, la Presenza.

La cerimonia dell’investitura ebbe luogo a Lhasa, la capitale del Tibet, il 22 febbraio 1940.

L’educazione di Sua Santità iniziò all’età di sei anni e venne completata con il conseguimento a Lhasa, nello Jokhang, del titolo di Geshe Lharamapa (Dottorato in filosofia buddhista) all’età di 25 anni, nel 1959. A 24 anni affrontò gli esami preliminari in ciascuna delle tre università monastiche (Drepung, Sera e Ganden).

Il 17 novembre 1950 Sua Santità fu chiamato ad assumere il suo piene potere politico (capo dello stato e del governo) quando soldati armati cinesi invasero il Tibet. In tutti i modi Egli ha cercato di giungere ad una soluzione pacifica del conflitto fra Cina e Tibet, ma la repressione conseguente alla grande manifestazione tenuta dal popolo tibetano a Lhasa il 10 marzo del 1959, costrinse Sua Santità a fuggire dal Tibet. Lo seguirono in esilio oltre 80.000 persone (oggi sono più di 120.000).

Dal 1960 il Dalai Lama vive a Dharamsala, in India, la "piccola Lhasa", sede del governo tibetano in esilio, che ha assunto il compito di salvare gli esuli tibetani e la loro cultura, attivando iniziative di lavoro e creando un sistema educativo a loro diretto.

Nel 1963 Sua Santità promulgò una costituzione democratica basata sui principi buddhisti e sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come modello per un futuro Tibet libero.

Numerose sono i Piani di Pace proposti dal Dalai Lama, ma nessuno è finora giunto a compimento.

Gli incontri che Sua Santità ha con le autorità politiche e religiose di tutto il mondo (numerosi quelli con Giovanni Paolo II nel 1980, 1982, 1986, 1988, 1990) sono continui e sempre tesi a risolvere la situazione di disgregazione del suo popolo.

Nel 1989 ottenne il Premio Nobel per la Pace con la seguente motivazione: "Il Comitato vuole ribadire il fatto che il Dalai Lama nella sua lotta per la liberazione del Tibet si è opposto in modo considerevole all’uso della forza, sollecitando soluzioni pacifiche basate sulla tolleranza e sul mutuo rispetto per conservare l’eredità storica e culturale del suo popolo".

Nell’accettare il Premio Sua Santità affermò: "Il premio rinforza la nostra convinzione che con la verità, il coraggio e la determinazione come armi, il Tibet sarà liberato. La nostra lotta deve restare non-violenta e priva di odio".

Il Dalai Lama spesso ha detto: "Io sono un semplice monaco buddhista, né più né meno". Egli vive infatti la vita di un monaco buddhista, risiedendo in una piccola abitazione a Dharamsala: si alza alle 4 del mattino per meditare e successivamente si occupa della programmazione di incontri concernenti questioni amministrative, concede udienze private, impartisce insegnamenti religiosi e presenzia a cerimonie rituali. Conclude la giornata con ulteriori preghiere, prima del riposo notturno.

Nel dichiarare le sue più grandi fonti di ispirazione egli cita spesso i suoi versi preferiti che si trovano negli scritti di un famoso santo buddhista dell’ottavo secolo, chiamato Shantideva: "Per quanto a lungo durerà lo spazio e per quanto a lungo resteranno delle creature viventi in esso, fino ad allora anch’io ci sarò per sconfiggere la sofferenza del mondo".

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La pagina è stata aggiornata nel giugno 2001;

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