Storia
dell'Arte
Pittura
- Opere
20.
Naro Dākini
XVIIII-XIX secolo
tempera su cotone preparato, 38 x 30 cm
Il sostantivo sanscrito femminile dakini (pronunciato 'dākini';
tibetano mkha'-'gro-ma, pronunciato 'khandromā') e il suo corrispettivo
maschile daka sono riconducibili a una radice verbale sanscrita che
significa 'volare': ambedue i termini designano divinitā cui vengono
attribuite diverse facoltā magiche, compresa quella di volare. Il
vocabolo 'dākini' si riferisce in particolare a due categorie di figure
femminili: in quanto compagne delle manifestazioni terrifiche dei Buddha,
con i quali sono spesso ritratte in una sorta d'amplesso mistico, le 'dākini'
sono collegabili ad antichi culti pre-buddhisti indiani e derivano
probabilmente, almeno in parte, da una classe di divinitā femminili
antropofaghe; in quanto adepte di particolari forme di yoga esoterico,
esse corrispondono invece a personaggi realmente vissuti e
successivamente divinizzati, che praticavano la magia e svolgevano
rituali influenzati, in misura diversa, dall'Induismo e dal Buddhismo
d'epoca tarda. Diversamente da quanto avvenne per le streghe nel mondo
cristiano, le 'dakini' non furono mai perseguitate e furono al contrario
oggetto di venerazione. Esse sono abitualmente rappresentate seminude,
con paramenti e attributi particolari.
Naro Dākini č raffigurata nuda in atteggiamento danzante, nell'atto di
calpestare Bhāirava, una forma del dio induista Siva (di colore blu), e
Kalaratri, un aspetto della consorte di quest'ultimo (di colore rosso).
Secondo la tradizione, fu sotto questa particolare manifestazione che la
dea Vajravarahi fu venerata dal celebre maestro indiano Naropa
(1016-1100). Protesa verso la sua sinistra, Naro Dākini avvicina alla
bocca una coppa ricavata da un cranio umano contenente il sangue e il
grasso dei nemici della dottrina simbolicamente uccisi, mentre con la
destra stringe un coltello rituale usato nella scoiatura degli stessi.
Un tridente magico in cui sono infilzate tre teste in vari stadi di
decomposizione č appoggiato sulla spalla sinistra della dea. Tali
attributi, come anche le corone e ghirlande di teschi, i grembiuli, le
collane e gli orecchini d'ossa umane, costituiscono un complesso
armamentario d'oggetti simbolici e strumenti rituali caratteristico
delle divinitā terrifiche e dei praticanti del Buddhismo esoterico, che
trascorrono lunghi periodi in carnai o cimiteri per mettere alla prova
le proprie capacitā di concentrazione.
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