Storia
dell'Arte
Pittura
- Opere
19.
Tara
XIX-XX secolo
tempera su cotone preparato, 60 x 45 cm
Il nome Tara significa 'Stella', e in quanto tale designa una dea induista, ma i buddhisti lo collegano a una radice verbale sanscrita che indica l'azione di 'oltrepassare', 'superare', e anche 'redimere', con riferimento a una funzione salvifica analoga a quella del bodhisattva Avalokitésvara (vedi cat. nn. 13-15), della quale la Tara buddhista è considerata la controparte femminile e alla cui Famiglia mistica, quella del loto, appartiene. Il padre spirituale di questa Famiglia è il Buddha cosmico della direzione occidentale, Amitabha (vedi cat. n. 16), raffigurato al centro nella parte superiore di questo dipinto. In quanto 'Salvatrice' Tara diventò la più popolare delle dee buddhiste e di lei sono note forme diverse, pacifiche e terrifiche; a lei sono dedicati centootto epiteti e una serie di ventuno lodi. Tara Verde è particolarmente venerata poiché le si attribuisce la facoltà di liberare i fedeli dal timore di otto pericoli: leoni, elefanti, incendi, serpenti, banditi, prigioni, naufragi e dèmoni. La straordinaria popolarità di questa dea in Tibet è legata inoltre al fatto che la consorte buddhista newar di Sontsèn Gampò, il primo sovrano tibetano ad avere accolto il Buddhismo a corte, ne è considerata una manifestazione. La mano destra della dea, qui assisa sul fiore di un loto emergente dalle acque, compie il gesto dell'elargizione e dell'esaudimento dei desideri, mentre la sinistra stringe lo stelo di un papavero azzurro (Meconopsis integrifolia). Due maestri buddhisti sono collocati simmetricamente nella parte superiore del thang-ka, realizzato in uno stile affine a quello detto degli 'accampamenti Karmapà' (vedi cat. nn. 4 e 39).
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