Storia
dell'Arte
Pittura
- Opere
8.
Vajrapani
XIX-XX secolo
tempera su cotone preparato, 38 x 24 cm
Intorno al I secolo d.C. il Buddhismo subì un importante sviluppo dottrinale grazie all'affermazione di un nuovo concetto religioso che ne allargò ulteriormente il pantheon: quello della via eroica del bodhisattva. Per i seguaci delle scuole del Grande Veicolo, i bodhisattva diventarono, da semplici aspiranti alla condizione di Buddha, eroi che, mossi da compassione per la sofferenza universale, fanno voto di restare fra gli esseri senzienti per aiutarli nel loro cammino verso la liberazione dalla sofferenza, rinunciando quindi, almeno provvisoriamente, al nirvana.
Una delle prime divinità elevate al rango di bodhisattva fu Vajrapani ('Vajra in Mano'). In origine divinità minore del pantheon induista, Vajrapani fu assunto nel pantheon buddhista come guardiano del Buddha Sakyamuni in virtù dell'onnipotente attributo che lo caratterizza: il vajra, termine sanscrito tradotto in tibetano con un epiteto, rdorje (pronunciato 'dorgé'), che significa 'Signore delle Pietre' con riferimento al diamante, ad indicare purezza, indistruttibilità e potenza. Il vajra è in origine lo scettro di folgori di Indra, tipico dio indo-ariano delle tempeste e sovrano degli dèi, parente stretto dello Zeus greco e del Giove latino. Col tempo Vajrapani ascese al rango di bodhisattva, ma per il suo ruolo di guardiano del Buddha esso è spesso rappresentato nel suo aspetto terrifico, in posizione marziale, con la gamba destra flessa e la sinistra tesa e divaricata, nell'atto di stringere il vajra nella mano destra sollevata verso l'alto. Il laccio che tiene nella mano sinistra serve a legare i convertiti alla Perfezione della Saggezza.
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