Māndala 1. Māndala di Vajrapani XVI-XVII secolo tempera su cotone preparato, 33 x 29 cm Vajrapani, circondato da quattro sue altre manifestazioni, č qui raffigurato al centro di un māndala protetto da quattro divinitā poste agli angoli del dipinto, mentre il Buddha cosmico Amitabha, di colore rosso (vedi web gallery pittura n. 15), sovrasta il tutto. Il termine sanscrito mandala (pronunciato māndala) si riferiva originariamente a qualunque cerchio od oggetto discoidale; nellInduismo e nel Buddhismo esoterico esso venne a designare lo spazio sacro utilizzato come supporto in alcune pratiche religiose particolari, come la consacrazione e la meditazione. Col tempo il māndala si sviluppō fino a diventare una figura geometrica complessa, e giā prima dellVIII secolo d.C. esso aveva incorporato elementi distintivi come la cinta di vajra e il fossato di fiamme che ne proteggono lo spazio centrale, generalmente concepito come un palazzo con quattro portali ribaltati, visto in pianta, dove risiede sovrana la divinitā cui il māndala č dedicato. Quest'ultima puō essere sostituita da simboli oppure da sillabe sacre e invocazioni a essa riferibili. I māndala sono realizzati in vari materiali con tecniche diverse: tessuto, carta o legno dipinti, metallo lavorato a sbalzo oppure fuso e cesellato, pietra incisa, e anche polvere colorata. Lo schema iconografico di questo māndala č collegabile a quello denominato Māndala della Mente di Vajrapani, appartenente a una serie riprodotta da bSod nams rgya mtsho e Musashi Tachikawa (The Ngor Mandalas of Tibet. Plates, Tokyo 1989,p.XIV,n.29 e fig.29), nel quale Vajrapani assume il colore bianco. La cornice del dipinto, costituita da due bande di stoffa nera cucite alla sommitā e alla base della tela, lesecuzione delle figure, la stilizzazione delle rocce e degli alberi, e la stessa gamma cromatica - con una preponderanza di rosso, verde e blu - rimandano allarte della valle del Nepal, i cui pittori e scultori furono attivi in Tibet a partire dal VII secolo. Nelle cittā di questa valle gli studiosi e i traduttori tibetani commisero dipinti e statue agli artisti locali, ricevettero insegnamenti buddhisti e acquisirono migliaia di testi da eruditi indiani e locali (newar), che li aiutarono in un meticoloso lavoro di traduzione durato diversi secoli. Š Il Quadro Srl |
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